lunedì 5 gennaio 2015

La prova Natale



Avete presente tutti quei periodici femminili che da marzo cominciano a fare terrorismo psicologico sulla prova costume per spacciare le varie diete del minestrone, del riso, del gelato, della pizza, del crodino e del digiuno nei giorni pari ma solo quando il sole è in trigono con Urano e Saturno in opposizione ai Pesci? Ecco. Io rivedrei il punto di partenza, ché se una non va al mare o decide di andarci, chessò, ad aprile, della dieta del finocchio che dura 4 mesi a partire dalla prima domenica di Quaresima se ne fa ben poco.


No, signori direttori dei femminili. Voi dovete pubblicare le diete per prepararsi alla prova Natale, magari nella pagina subito prima o subito dopo quella della ricetta del panettone gastronomico e dell'arrosto ripieno. Come dire: a Natale te magnerai un bue e se vuoi sperare di rientrare in quel microbikini che ti sei comprata con i saldi di luglio è meglio che la dieta la cominci ora, che altrimenti si preannuncia una primavera alquanto triste.

Tutto questo per dire che mi sono bastate due settimane in Italia per trascorrere il Natale a vanificare cinque mesi di tapis-roulant nella palestra aziendale.

Che poi il problema del Natale, se sei un expat, e specialmente se abiti in Inghilterra, si aggrava ancora di più. Primo perché, fiaccata da mesi di fish&chips e tristissimi sandwich della mensa aziendale, non sei più capace di tenere testa a parenti che già normalmente ti piazzerebbero in mano una teglia di lasagne non appena gli entri in casa mentre si portano via il cappotto e che quando ti rivedono dopo mesi sono ancora più inferociti nel metterti all'ingrasso. E quindi: "Vuoi il caciocavallo alla piastra? Ovvio! Vuoi i carciofini sott'olio fatti da noi? Certo! Ti va una fetta di arrosto? E come no!". 

Secondo perché nei mesi lontani dal suolo patrio hai cominciato a segnare in agenda tutti quegli alimenti e piatti che nel luogo in cui vivi, anche con tutta la buona volontà, non riesci a trovare. E infatti quando mia mamma, già a inizio dicembre, ha iniziato le consultazioni sul menù di Natale, è partita la sfilza delle richieste: cotechino, carciofi, crema al mascarpone, e poi andiamo alle Due Colonne che festeggiamo il rinnovo del mio contratto e magari andiamo a mangiare la pizza al trancio in via Teodosio che me la sogno di notte...

Insomma, ecco il riassunto di due settimane a Milano: oltre ai già citati, pasta e ceci, pasta al forno, anelletti alla palermitana, pizza al trancio, stracchino, salame, testaroli ai funghi, pollo ripieno, focaccia, piadina, bombolone, catalogna, pasta fresca allo scoglio, tortelli di zucca, spaghetti di soia (no, qui in Inghilterra apparentemente non li fanno), spritz e 15 mila calorie al giorno con la scusa del "ma se non lo mangio qui, poi chissà quando mi ricapita".

Inutile dire che avrei riempito i bagagli di generi alimentari, e in particolare verdure, non ci fossero stati i limiti di peso di EasyJet e una dignità da difendere, che l'effetto Totò è sempre dietro l'angolo. Anche se poi in valigia ci sono comunque finiti due pacchi di biscotti, una torta Ortigara di Asiago, una bottiglia di Ferrari e un barattolo di melanzane sott'olio fatte dai miei suoceri che, bisogna dirlo, hanno in parte attutito lo shock del rientro e della pausa pranzo con i sandwich di pollo, a dribblare abilmente le patatine fritte che da queste parti ti vengono rifilate anche nel porridge a colazione.

On the bright side, come dicono i locali, ho ritrovato la palestra aziendale, il tapis roulant e una insormontabile distanza geografica da tutte le ipercaloriche tentazioni culinarie nostrane. E ho un anno di tempo per prepararmi alla prossima prova Natale.


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